1. se il matrimonio è stato celebrato nel territorio diocesano;
2. se entrambi i coniugi (o anche uno solo di essi) è domiciliato dal punto di vista canonico nel territorio diocesano;
3. se la maggior parte delle prove deve essere raccolta nel territorio della Diocesi.
La sussistenza di quest’ultimo titolo di competenza (n. 3), come pure l’esatta delimitazione del concetto canonico di domicilio (e quasi-domicilio) dovranno essere valutate in sede di “consulenza per l’introduzione” della causa.
Il Tribunale ecclesiastico può solo verificare se un matrimonio è stato celebrato validamente oppure se era nullo fin dall’origine – cioè non è in realtà mai “nato”, nonostante le apparenze – per la mancanza di alcuni requisiti del matrimonio, così come compreso dall’ordinamento delle Chiesa Cattolica, o la presenza di elementi contrari alla sua natura, e questo stabiliscono le sue sentenze, che perciò, nel caso il matrimonio non sia ritenuto valido, devono essere correttamente definite come dichiarazioni di nullità.
La terminologia corrente di “annullamento del matrimonio” non è pertanto esatta e può trarre in inganno, facendo pensare che venga annullato, cioè sciolto, un matrimonio validamente contratto (come se si trattasse di un divorzio). La Chiesa non può sciogliere un matrimonio valido (in quanto tale indissolubile), anche di fronte al suo eventuale fallimento: può solo investigare se il fallimento non sia la conseguenza, in quel caso concreto, del fatto che il matrimonio non fosse valido già in partenza.
Occorre interpellare una persona veramente esperta in Diritto Canonico matrimoniale per analizzare la propria vicenda e verificare se vi sono elementi che giustifichino l’introduzione di una causa di nullità (si veda: “consulenza preliminare” e “consulenza per l’introduzione della causa”.
Il Tribunale è competente a giudicare della validità o nullità del matrimonio anche tra una persona battezzata ed una non battezzata, come pure di quello tra due persone non battezzate.
In questi casi possono ricorrere anche le circostanze per possibilità particolari di scioglimento del matrimonio (detto “in favorem fidei”) troppo complesse per essere qui illustrate in dettaglio e da approfondirsi in sede di consulenza.